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Storia del floppy: un sistema di archiviazione... iconico

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Oggigiorno parliamo con naturalezza di archiviazione e conservazione digitale, e possiamo muoverci tra molti sistemi diversi, con vari vantaggi: archivi, memorie, hard disk, cloud. 

Ma l'archiviazione digitale è fiorita grazie a un supporto che è diventato l'icona (letteralmente parlando) dell'archiviazione. In questo articolo parleremo di questo oggetto oramai scomparso che ha davvero fatto la storia: parliamo del floppy disk. 

 

L'esigenza di archiviare i dati 

Gran parte di questa storia ha luogo in IBM, azienda informatica che ha dato tanto allo sviluppo del settore digitale. Tra le innovazioni di cui si è fatta portatrice ci sono anche i supporti per archiviare dati informatici.  

La nascita del floppy ha ovviamente avuto origine da un bisogno. Al tempo, i codici con gli aggiornamenti per i computer mainframe (sistemi informatici centrali) venivano implementati tramite nastri magnetici. Il sistema funzionava ma era ingombrante, lento e un po' troppo costoso. 

Alla fine degli anni '60 IBM richiese al suo centro di sviluppo di creare un nuovo supporto, che fosse in grado di trasferire velocemente i dati di aggiornamento e a costi inferiori. 

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Il sistema doveva permettere la lettura rapida di un volume di dati adeguato per l'epoca e, se possibile, anche la scrittura. A lavorarci furono David Noble e Alan Shugart, che ragionarono sulle funzionalità dei nastri magnetici, cercando di renderli più snelli e performanti. 

 

I primi floppy disk: storia di una rivoluzione informatica 

Gli studi di Noble e Shugart portarono a concepire di un prototipo di dimensioni ridotte e buona capienza, circa 20 centimetri per 80 kilobyte di dati immagazzinabili. Era un disco di sola lettura ma fu considerato un ottimo inizio e fu implementato in alcune macchine. 

Con queste prime versioni, datate 1967, si riscontrò un primo grosso ostacolo: la sporcizia. I primi floppy, infatti, avevano un disco magnetico interno scoperto. Ciò attirava facilmente granelli di polvere e rimasugli di sporcizia, in grado di causare graffi al disco e rovinarne i dati. 

Ciò convinse i creatori a proteggere il disco con un involucro di plastica esterno e, nel 1971, nacque un floppy disk molto più simile a quelli che conosciamo noi boomer e millennials. Nel 1973, poi, le sue potenzialità furono esaltate: un nuovo modello consentì di immagazzinare fino a 256 kilobyte di dati e di effettuare anche la scrittura dal dispositivo, oltre che la lettura. 

Nel 1976, sempre in IBM, fu realizzato un floppy di dimensioni più ridotte (circa 13 centimetri). Poiché le persone chiedevano sempre più capienza, anch'essa migliorò progressivamente: già nel 1978 vennero presentati floppy disk oltre i 300 kilobyte, fino ad arrivare anche al megabyte. 

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Una curiosità: la natura del disco magnetico, volutamente mobile e non ben fissato, lo rendeva un po' ballonzolante. Il nome floppy, in inglese, significa proprio floscio! 

 

 

Ascesa e caduta del floppy disk 

Tutto ciò destò l'interesse dei produttori di computer mainframe e, in seguito, di microcomputer (cioè i PC moderni). Sempre più aziende, inclusa anche la Apple, iniziarono a implementare dei floppy disk drive (lettori) dentro le nuove macchine. 

Grazie a queste migliorie, e naturalmente ad altre sviluppate negli anni successivi, il floppy disk divenne lo standard informatico per implementare nuovi dati nelle macchine. Su floppy si distribuivano aggiornamenti, software e interi sistemi operativi. 

Per la prima volta, lo spostamento di dati fu alla portata della gente comune. Tutti i computer avevano un lettore di floppy disk, i dischi non costavano troppo e la loro dimensione arrivò fino a meno di 9 centimetri (è il floppy che molti di noi ricordano). Quasi chiunque poteva permettersi di archiviare o trasferire dati. 

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La storia dei floppy disk proliferò particolarmente negli anni '80 e '90, fino all'avvento commerciale dei compact disc. Con l'avanzare sempre più rapido dei sistemi digitali, i CD divennero standard tecnologico in ancor meno tempo, perché erano più sottili, leggeri, affidabili e soprattutto immensamente più capienti. Le memorie USB diedero il colpo finale a una tecnologia rivoluzionaria, ma invecchiata. 

I floppy disk rimasero sul mercato per un altro decennio per poi essere debellati da Sony, suo maggior produttore, nel 2010. Ma restano ancora oggi un simbolo per tutti gli appassionati di informatica: la loro icona fa da pulsante di salvataggio in molti software moderni (come la suite Office), mantenendone viva la memoria. 

Un'icona, notare bene, che le nuove generazioni riconoscono immediatamente... senza avere la più pallida idea di che oggetto sia!

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