Siamo abituati a pensare, prima, e a fare, poi. Ciò accade anche quando dobbiamo scegliere una tecnologia che automatizzi il nostro flusso di lavoro quotidiano e lo renda più veloce e snello. E spesso scegliamo la tecnologia sbagliata. Perché?
C'è un passaggio che viene prima di qualsiasi tecnologia e dei workflow documentali. È la fase di analisi, che anticipa nel tempo e influenzerà ogni step successivo. Questo "momento" di analisi, nell'ambito del business, non solo ha un nome ma è una vera e propria disciplina.
Stiamo parlando del Business Process Management (BPM).
Abbiamo già detto come un approccio strutturato al Workflow Management→ possa dare molti benefici al business: quando i software si mettono a disposizione dei processi aziendali diventano veri e propri acceleratori di business.
Il Business Process Management (o BPM) si traduce in Gestione dei Processi di Business e consiste in una metodologia volta a strutturare i processi aziendali attraverso l’analisi e la misurazione.
Laddove vi è analisi dei processi, non necessariamente vi è anche la tecnologia che automatizza tali processi. Al contrario, nessuna tecnologia di automazione può prescindere da un'accurata analisi di processo.
Il BPM prevede di sviscerare ogni aspetto di processo (ad esempio documentale) in grande profondità. L'analisi è sia qualitativa sia quantitativa e sempre orientata a raggiungere obiettivi di miglioramento.
Il primo proposito del BPM, infatti, è rilevare quanti più difetti e/o attriti possibili che si trovano negli attuali processi di business. In questo insieme sono inclusi sprechi, lentezze, imprecisioni, obsolescenze, rischi per la privacy e per la sicurezza.
Mettere in luce le problematiche darà modo di provvedere nella maniera migliore alla loro riparazione e ottimizzazione. Ogni progettazione sarà influenzata dal report del BPM, anche (e soprattutto) quelle dei software per i workflow documentali.
In via pratica, il BPM inizia con una precisa mappatura e definizione del team aziendale e degli obiettivi di cambiamento per poi procedere con la vera e propria analisi dei processi aziendali.
Si passano in analisi tutti i modelli attualmente esistenti: le interazioni tra i membri del team, i flussi di lavoro e di dati, l'apporto e l'utilizzo del reparto informatico, i risultati, e molto altro ancora.
Gli attriti vengono valutati secondo sistemi di costi e benefici e di valore e non valore, sino a definire tutte le parti che vanno eliminate od ottimizzati. Solo da un processo di questo tipo può nascere un nuovo software. Il perché ci risulta abbastanza chiaro.
Per quanto possa essere performante, creare un software sulla base di se stesso, cioè in quanto programma "potente" a se stante, non è utile all'azienda! Un certo software è adatto solo a una certa azienda, e una certa azienda con una certa conformazione necessita di quel software preciso. Questo perché ottimizza, finalmente, le criticità specifiche dell'azienda: proprio quelle individuate col BPM.
Partire dall'analisi del processo quando si sviluppa o si acquista un software per automatizzare il processo stesso, è un approccio molto Lean.
Non a caso il mondo del software è stato il primo ad abbandonare la struttura "a cascata", la mentalità "top-down" (committente in alto e realizzatori in basso) e i team gerarchici nello sviluppo dei progetti.
E la filosofia Agile→, così come il framework Scrum→ sono figli di questo cambio di prospettiva e di mindset.
Il BPM è, a ogni modo, una disciplina che esula dalla presenza della tecnologia, pur essendo imprescindibile a quest'ultima. Nessun processo aziendale (analogico o digitale) può avere successo se prima non si è analizzato ogni dettaglio.
Ne consegue che chi si occupa di BPM è in grado di avere una visione ampia e trasversale di tutto ciò che accade in azienda. Deve parlare con le persone e ascoltarle. Deve sviluppare pensiero critico e, al contempo, orientare le scelte al problem solving.